Recensioni / Reviews

ROCKERILLA - Enrico RAMUNNI
Mensile n°370 - Giugno 2011

Archiviata l'esperienza Muzak, Enrico Russo rilancia: il suo nuovo progetto, realizzato grazie allo sforzo congiunto di un'impressionante cooperativa di etichette e musicisti, è un manifesto di art-rock psicanalitico che esplora stati di incoscienza percorsi da flussi di pensiero associativo, traumi e incubi non risolti, inusuale anche nella confezione.
Il CD è infatti contenuto in un cartoncino rosso formato pamphlet assieme a un pieghevole che dà il suo contributo surreale alla lettura dell'opera.
Suoni concreti e loop elettronici si insinuano in trame musicali oblique e contraddittorie, che in una mossa spaziano dalla ballad lisergica di "Miracle (at 4 AM)" alla no-wave fibrillata di "Someone Blesses the Italian Rubbish", magari dando uno strappo a Syd Barrett nel processo chimico di "Bruno Evaporates in the Infinite Space" (sorta di Insterstellar Overdrive imbottigliata nel traffico) per farne poi riemergere la voce filtrata da cumuli di cenere, nella Mitteleuropa dopo le bombe di "Silent Cloud", tra note di pianoforte che aleggiano sulle macerie. "Players: 1 - Age: from 0 to 99" recita le istruzioni di un macabro gioco che conduce alla desolazione notturna di "Punch-Drunk Lovers Don't Waste Time", dove il piano deve competere con cellule di elettronica liquida, prima di una "Stormy Ending" catatonica che rievoca spettri Sparklehorse.
Fatevi sotto, se ne avete il coraggio.
9/10


COMUNICAZIONE INTERNA - Alessandro MASTROCOLA

Estro e perseveranza. Vivere ed aggirarsi in un ambiente dove maggior parte del territorio è destinato a discariche sempre più sature, o allo stoccaggio di scarti radioattivi, ed immersi tra rifiuti e scorie può capitare con facilità di imbattersi in oggetti non chiaramente identificati ma legati a memorie ormai lontane, di utilità persa dovuta ai cambiamenti di un modo di vivere sempre più comodo e dedito all’abbandono della semplicità e delle tradizioni sempre più annebbiate e lontane, e solo allora ci si rende nostalgicamente conto di essere orfani dell’essenza più vera della nostra natura.
Il pianoforte che si scorge nel brano di apertura “Mean time to failur” o quelle note di tasti bianchi e neri che immortalano con malinconia i finali della allucinata al punto giusto “Bruno evaporates in the space” o di “silent cloud”, con l’ausilio di alienanti voci di vana decifrazione, rendono a pieno il concetto in premessa.
Enrico Russo, reduce di una promessa musicale non mantenuta, quei Muzak che come lui stesso descrive con frase in parte ironica ed al tempo stesso di cruda realtà: “ Gruppo Salentino prematuramente scomparso sopravvalutato dalla critica e dai parenti e sottovalutato dalle etichette indipendenti”, qui in veste di solista, qui con una proposta dal titolo originale ma di difficile memorizzazione, e se pur sarà mancata qualche etichetta attenta alle proposte di spessore innovativo e ricercato, a dargli fiducia oltre che la propria testardaggine, ci sia stato un certo Fabio Magistrali pronto a dar man forte all’autore in epigrafe, con una serie di label: A Shame, Arvasì Corporate, Hysm?, La Fabbrica, Musica per Organi Caldi, e Eclectic Polpo, più o meno sconosciute, ma indubbia riconoscenza va data a loro per la perseveranza in tali progetti.
Il post dalla melodia impolverata dal rumosrismo, tra kraut rock e visioni psichedeliche attingenti da territori più disparati, dove si scontrano ripetitività cicliche e ossessive come in “weight N/A”, o in chitarristici arpeggi martellati da violenze ritmiche metalliche, per un opera che confeziona uno spaccato importante per sonorità estrose dal gusto fresco, sempre più di rara reperibilità, purtroppo, per espressione e contenuto.



ROCKIT.IT - Manfredi LAMARTINA

Io che sono nato in un Sud dove la vergogna è il primo sentimento che la Storia ti insegna e che la Cronaca ti infligge – il secondo sentimento si chiama rabbia, il terzo speranza – ho sempre guardato con una certa curiosità quel fenomeno mediatico chiamato Puglia. Difficile capire se si tratti di fascinazione acritica dettata dall'agenda politica o se, invece, il tacco d'Italia sia un posto dove davvero è possibile mettere in pratica "un'altra storia", come diceva Rita Borsellino in Sicilia quando ancora c'era la possibilità di cambiare il corso degli eventi.
Assieme alla Milano da bere e alle mezze stagioni che non ci sono più, il Sud che non va è l'unico simbolo moderno sopravvissuto al proprio stereotipo. È successo ovunque. Tranne in Puglia. Anni fa, intervistato da Rockit, Enrico Russo, voce e tastiere dei Muzak, spiegò che cosa vuol dire suonare in quella regione: "Forse significa guardare i problemi da lontano. Con più lucidità di chi è coinvolto nell'incendio. Avere il tempo per rifletterci su. Forse significa dover aspettare un po' di più". Era il 2007 e la sua band fu una delle sorprese del periodo. Pochi forse se la ricordano ma chi la ascoltò rimase fulminato dalla spregiudicatezza artistica di un progetto che saltellava tra mille stili diversi.
E' trascorso parecchio tempo da allora. Russo si rifà vivo informandoci della fine dei Muzak e della nascita del suo percorso solista, The Snail Knows and R. Sawake. "How To Fail Twice" riprende dalla precedente esperienza il gusto per le musiche storte, pur con meno raffinatezza formale e, soprattutto, meno esuberanza negli arrangiamenti. Che a questo giro, infatti, sono più uniformi e intransigenti, perché concedono poco e pretendono molto. Come se il terreno di confronto con l'ascoltatore non fosse più un dialogo aperto e diretto bensì un nascondino perpetuo fatto di suoni sfuggenti e intenzioni accennate.
La coproduzione di Fabio Magistrali, già all'opera con i Muzak, è il bollino di qualità di un buon disco che di italiano ha solo il passaporto di chi l'ha ideato. "Miracle (At 4 AM)" è una cantilena che sembra provenire dal volume di "In The Fishtank" a firma Sparklehorse/Fennesz. Quasi a voler ricordare che da quando è morto Mark Linkous il mondo è un posto più povero, perché la poesia è sempre la prima foglia a cadere mentre intorno prosperano mele marce e pecore nere. "Someone Blesses The Italian Rubbish" cambia bruscamente direzione, con la voce che si attorciglia come uno straccio usurato per sguazzare tra chitarre dissonanti e sottile sarcasmo. "Silent Cloud" ha un'anima folk che viene diluita in inquietanti rimbombi kraut.
Se il paese brucia, dunque, la Puglia sogna. Ogni tanto è bello credere che sia sul serio così.



BEATBEAR.COM - Luigi ZAMPI

“How To Fail Twice” è il primo album solo di Enrico Russo, voce e tastiere dei pugliesi Muzak, e la Another Shame con il con­sueto cor­ag­gio e al motto di “Meglio pre­venire che suonare” ha messo a dis­po­sizione pro­duzione e dis­tribuzione per un’opera intri­g­ante, che incu­rio­sisce all’ascolto e non solo.
La con­fezione è curata, di un rosso vivace, all’interno la let­tura del libretto porta il let­tore den­tro alcuni deliri che poi sono le istruzioni per fal­lire dell’”educational pre­cept” suonato da Sawake.
Sono dieci incur­sioni soniche tra l’ambi­ent rumoris­tico e lo psichedelico che vanno ascoltate insieme per­ché insieme cre­ano la loro atmos­fera. L’uso del com­puter per strat­i­fi­care i suoni e i rumori è ormai una prassi di molti musicisti elet­tron­ici e Sawake lo pro­pone in una salsa per­sonale fatta di mal­in­co­nia che ricorda lo spir­ito dei Vel­vet Under­ground, in pezzi come “Mean Time To Fail­ure” e “Mir­a­cle (at 4 AM)”. Se il primo stende un velo di pianoforte accarez­zato sopra una tovaglia di fuzz e rumori di sot­to­fondo, il sec­ondo è un brano lan­guido che ricorda la perdizione dei Vel­vet, come se si fos­sero con­ver­titi al sili­cio. Le tastiere sotto la voce dis­eg­nano un per­corso che emoziona e riporta ad altre decadi musi­cali. Le chi­tarre di “Some­one Blesses The Ital­ian Rub­bish” sono meno inter­es­santi, sono quasi fuori posto per­ché il noise più effi­cace è comunque quello dig­i­tale. Brani come “Weight N/A” vanno ascoltati con le cuffie per godere delle strat­i­fi­cazioni di suoni e rumori ambi­en­tali. Altri, come “Our Tear Were Tears Of Joy”, richia­mano ad espe­rienze più tec­no­logiche (il richi­amo ad Aphex Twin è dietro l’angolo). Le più belle sono comunque quelle, come “Silent Cloud”, dove il duetto tra piano e voce vera­mente fa tornare indi­etro nel tempo.
In gen­erale un piatto ricco di suoni, voci, effetti, rumori, trovate elet­tron­iche che incu­rio­sis­cono e che hanno solo il difetto della dis­o­mo­geneità, della bassa percezione di una direzione. La pro­duzione di Sawake e F.Magistrali ai Tiny Study Records ren­dono l’ascolto inter­es­sante e prob­a­bil­mente la ricerca di una forma can­zone più riconosci­bile potrà gio­vare al nos­tro Mr. Sawake.
In ogni caso, com­pratelo e fateli rien­trare delle spese!



ILMUCCHIO.IT - Luca MINUTOLO

Dietro questo pseudonimo impossibile da tenere a mente, si nasconde Enrico Russo, ex voce, tastiere e mente degli sperimentatori avanguardisti Muzak. Abbandonati i fasti del gruppo madre, i Snail Knows And R. Sawake si gettano a capofitto nelle gabbie asfissianti dello sperimentalismo più acuto ed opprimente, che fa di “How To Fail Twice” un disco di sensazioni e umori turbati, di dissonanze elettriche ed elettroniche, dalla forma mutevole ed imprevedibile, dove voci narcotiche si mescolano a rumorismi tetri come incubi sfocati che si avvicendano senza sosta. Un vero e proprio flusso di (in)coscienza, dove convergono stati ansiosi e confusionali, atmosfere ovattate ed echi lontani di singulti ritmici e dissonanze, in cui gli unici appigli sono i fluttuanti tocchi di pianoforte che appaiono come puntelli in tutto lo scorrere inarrestabile del disco, difficile da separare traccia per traccia, ma che va vissuto e capito nel suo insieme. Un insieme, appunto, di umori inarrestabili e saliscendi emotivi, come un Mark Linkous che canta dall’oltretomba in preda a turbamenti psichici. Russo si diverte a far brandelli di stili e generi, in un miscuglio imprendibile che per convenzione chiameremo avanguardia, ma che andando a fondo, non significa assolutamente nulla. Guardare avanti. Tra questi solchi, piuttosto, si scava all’indietro.


JESUSMILE WEB-ZINE - Clov

La lumaca sa ma sono evidentemente affari suoi, ed il Signor R.Sawake è uno che suonava e cantava con Muzak (gruppo salentino prematuramente scomparso, sopravvalutato da critica e parenti, sottovalutato dalle etichette indie-dipendenti) e che ora si è messo in proprio. Una storia comune di questa scena indipendente un po’ nascosta ma non per questo meno attiva.
La bellezza, in questo disco, è giusto un accidente, necessaria solo in dosi minime, è tutto piacere quello che si ascolta. Comunicare o condividere qualcosa è solo una risonanza, un riverbero.
Il piacere di suonare senza una vera ragione per farlo. Il piacere è la ragione, non c’è nessun altro scopo. Sono loro la ragione.
Alla fine il mondo non è migliore, non si è fatto capire niente a nessuno, non hanno convinto nessuno, alla fine si torna come all’inizio, alla fine ci sono solo loro. Ma veri.
E dietro una scia, qualcosa che rimane, di vero. Ogni volta che potrebbe diventare emozionante si torna indietro, un passo indietro. Non gli frega niente che sia bello in modo convenzionale, quella è una stonatura, è un fastidio quello che può diventare emozionante, non è quello che cercano.
Questo è How to fail twice: lo spirito sognatore e visionario di un disco italiano ma cantato in inglese, leggero e piacevole, a tratti rumoroso, psichedelico, allucinante e straniato, dove l’ascoltatore intraprende il suo viaggio, sbattuto come una pallina da flipper, tra generi e stili che cambiano e si mescolano continuamente.
Un corso rapido in diseducazione.



I SOTTERRANEI

Una settimana di febbre ti fa pensare solo ad una cosa (La fregna).
The snail knows & R. Sawake – How to fail twice
La vigilia di Natale andrebbe trascorsa da completi ubriachi. Il concetto è ancora più valido se abiti sotto al capo di Leuca. Io abito una trentina di chilometri a nord, quindi, per il momento, ho optato per massicce dosi di Oki, prese abbastanza incoscientemente e con una blanda autorizzazione medica. Finora tutto bene, ma spero che la giornata finisca presto in tutti i sensi. Come primo consiglio di ascolto per How to fail twice suggerisco allora un forte antinfiammatorio. La compilation di strenne natalizie contenute nel suddetto album sarà così più facilmente assimilabile.
Avete mal di gola o dovete ultimare i vostri calcoli per il piano di manutenzione programmata dei vostri impianti? Vi viene in soccorso il brano “Mean time to failure” che, con una ritmica in bassa risoluzione, un pianoforte strappalacrime, bordoni amici e per giunta degli inserti vocali che fanno così tanto Novaglie-prêt-à-porter , vi farà dare meno importanza al baccalà un po’ troppo salato che vi attende sulla rossa tovaglia delle feste.
Avete le tonsille pulsanti o semplicemente dovete ancora riprendervi dalla visione di Sting da Fazio in versione “non è mai troppo tardi per fare l’indie in skinny jeans”? Pensate alle cose serie e sentitevi “Miracle (at 4 PM)”, una psichedelica constatazione del fatto che la propoli è efficace perché ha un sapore talmente pessimo che ad essa si preferiscono le placche in gola ed allora non prenderla è già un sollievo.
Il disco procede poi fra gli sferragliamenti ed arpeggi di “Our tears were tears if joy”, le soluzioni kosmische di “Bruno Evaporates in the Infinite Space”, ed è subito guerra fredda.
A questo punto dovreste ormai essere del tutto insensibili se avete seguito con scrupolosità le mie indicazioni posologiche di farmaci senza obbligo di prescrizione. Se così è stato, potete anche ascoltarvi tutto d’un fiato gli ultimi brani di questo disco così anomalo per le nostre latitudini. Passerete così una buona decina di minuti fra instigazioni al suicidio in chiave ambient, e quindi da non prendere sotto gamba, sinfonie per bollitori di tè ed immancabili riferimenti floydiani nell’ipnotico reiterarsi della risacca a Tricase Porto.
Questo è un disco di world-music, sixth-world-music per la precisione.
“Allora dopo Montesano non c’è solo tendinite!”


DAMNED BY LIGHT

A red cardboard-package holds the debut of this Italian duo that performs an atmospheric mixture of both electronic and organic instrumention, with a good dose of free-form structures and an overall open-minded approach to composing. I wasn't able to find much info about the band (mostly due to me not understanding Italian; the album comes with an A3-insert which might clear things up), but my guess is that this is their first recording. It was crafted during a two-year span with the help of a few session musicians, and was eventually released as a co-operation between a whopping amount of nine different labels. Visually speaking, the album looks stylish and professional, but the printer-paper insert and the cardboard packaging keep it from looking too posh. Well done.
I mentioned the packaging already in the previous paragraph, since it's a good pointer of the band's approach as well; talent and dedication mixed together with cruder and more underground-styled aesthetics, all done with seemingly very little care about how anyone outside the band would react to the album. It's a beautiful and complex racket.
The album opens up with a song that mixes a melancholic piano-melody with a vocal loop, a SID-beat, soft ambience by an electric guitar and a lot of organic hiss and what-not, which comes together as a soft and surprisingly unified whole despite its noisy elements and most of the instruments seemingly minding their own business. The follower is more of an ambient-piece that relies on slow organ-synth notes, low and looped beats and muffled male vocals. This calmness amplifies the more energetic follower, which is driven forward by an electronic guitar and a great deal of electronic loops that give the tune a great amount of depth, detail and variation despite its main riff and structure being rather monotonal. The fourth tune presents more spacey atmospheres through echoed and eerie synths and a distorted vocal loop. As you can see, that despite all these listed differences and the amount of variation, I've merely describd half of the album.
The album reminds me of Videotrage and 1234567890 due to the (to some extent) shared atmosphere and alternative ambient approach, as well as the somewhat dusty soundscape and overall retro-ish feel. The songs have a simplistic basic structure and a leading rhyhtm and/or melody that they follow for most of their lenght, be it delivered by a synth, piano, vocals, guitar or something else, but this basis is surrounded by such an amount of depth-providing effects, rhythms and bits of sound that the songs become a vast territory of movement. The slightly dusty and softening soundscape might be the main reason for this, but for some unspecified reason these seemingly separate elements come together in painting the whole picture, and the songs retain their basic logic despite being a mixture of gentle organic instruments and cruder electronics. The songs mix together beauty and rough ugliness as well as borderline-annoying noisiness, and somehow make it all sound logical. The band used their two years of crafting this album well, it seems.
As I said, the album sounds rather unified, but on the other hand it doesn't have enough of distinctive features that would make it better stick to your mind. I know we're not talking about pop songs here, but it's clear that the songs would have all the capabilities to deliver more power and a to cause greater impact if they would have more of clear high and low points - such as the very energetic latter part of song nine, and the guitar riff and driving rhythms of song three.
I'll surely be waiting to hear what these people come up with next. If you enjoy a mixture of ambient, roughness and a great amount of detail, and you aren't afraid of avantgarde, give this album a listen. I'm rather certain that it will cause a reaction, be it a bad or a good one.
8+/10